Uno strappo

Prima di arrivare a Santa Maria La Bruna il treno rallenta, stride, si impenna, e come un lungo serpentone metallico lentamente affronta una curva amplissima gemendo. Il vagone in cui siedo assume una strana prospettiva obliqua e deformata, il treno esce dall’addensamento urbano più fitto d’Europa e come per miracolo dall’altra parte del finestrino bagnato dalla pioggia appare il mare, immenso. E’ un mare d’inverno, grigio, nebbioso, forte e rabbioso, in lontananza come in un vecchio dipinto inglese riconosco tra le nuvole basse il profilo frastagliato di Capo Miseno, di fronte Ischia. Il treno lentamente costeggia “Lido Maria”, almeno così c’è scritto sul cartello di legno inchiodato ad un palo che ondeggia nel vento  infisso tra le passerelle in assi di legno che rimangono sulla ghiaia ad affrontare le intemperie invernali in attesa di essere calpestate da migliaia di piedi scalzi nella bella stagione. Immagino Lido Maria in piena estate, colorato dagli ombrelloni, le sdraio, l’insegna dell’Algida ed il juke-box a tutto volume, comunque minuscola spiaggetta invaso da moltitudini accaldate e chiassose che conquistano un mare placido ed azzurro. Ora invece è tutto deserto,  baracche dismesse che fanno pensare ad un covo abbandonato in gran fretta dai pirati in fuga verso Tortuga. E’ deserto anche l’ampio piazzale della stazione, così come sembra disabitata la villa rosso pompeiano con le palme nel florido giardino all’inglese poco distante, me l’immagino ricca ed elegante un secolo prima: siamo sul Miglio d’Oro. Sei sulla tratta ferroviaria più vecchia d’Europa, forse del mondo, e viaggi alla stessa velocità del viaggio inaugurale nel 1839, penso al mio appello all’Università. Sale qualcuno nel vagone poco affollato,  a questo punto non mi meraviglierei di veder sopraggiungere due nobili borbonici, in livree dorate e lunghe parrucche bianche. Invece sono due ragazze e sono entrambe bellissime. Si siedono nel mio scomparto accanto a me, lato corridoio,  una di fronte all’altra, parlano fitto fra di loro, io non esisto. Una è bruna, coda di cavallo, grandi occhi scuri, poco trucco. L’altra è castano miele, più esile ma alta uguale, stesso portamento ma truccata di poco rimmel celeste, come il suo iride e labbra laccate. Spio i loro discorsi, parlano del loro lavoro di fotomodelle. Vanno a fare delle foto di moda per una collezione di non so cosa, non ho capito se abiti o accessori, parlano dello staff, di opportunità, con lucidità, senza enfasi, senza sorridere, ma quel che è peggio senza degnarmi di uno sguardo. Il mio esame all’Università passa in secondo piano, non riesco più a preoccuparmene, mi pare più importante stare seduto vicino a due fotomodelle. Fuori nel corridoio c’è uno che fischia forte ma modulando con grande maestria ed accuratezza un celebre pezzo di Nino Rota: è il carosello di “8 e 1/2” di Fellini. Tutto mi pare assumere un significato memorabile, guardo intorno per non dimenticarmene. Così memorabile da esserci tornato in questo scomparto, in questo treno, in questo viaggio. Mi sono infilato in uno strappo spazio-temporale, mi si è palesato come una ferita in un sedile, ne sono stato risucchiato e sono qui, ora ed allora. Guardo di fronte a me, all’unico sedile rimasto vuoto dei quattro, lo strappo è stato ricucito con del cotone rosa, era un viaggio di sola andata, o ad esser precisi di solo ritorno.smariabruna29

 
Liberamente tratto da “Suture“.

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38 risposte a Uno strappo

  1. sherazade ha detto:

    Ammetto che non conosco Suture né ho trovato riferimenti utili.
    La scrittura è disarmante.
    sherabbraccicari

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  2. lamelasbacata ha detto:

    Bello davvero e con la foto di Pendolante, che mi era piaciuta tanto, sta a meraviglia.

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  3. lamelasbacata ha detto:

    Bello davvero e con la foto di Pendolante, che mi era già piaciuta tanto da sola, sta a meraviglia

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  4. Pendolante ha detto:

    Sapevo che avresti colto non solo l’invito, ma anche lo strappo e quello temporale è un’idea a cui non avevo pensato. Grazie Rodix. Malinconico. Ferroviario non solo per ambientazione

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  5. Dario Angelo ha detto:

    Mi piace molto viaggiare in treno, osservare le persone, i dettagli e le istantanee di viaggio. Come lo scatto di Pendolante, e la storia che nei hai tratto tu. Condivido il commento di Sherazade: hai espresso una scrittura disarmante, nel senso che (mi par di capire sia ciò che intendeva lei, ed è così che l’intendo a mia volta) invoglia ad abbandonarcisi con una sorta di dolce malinconia. Complimenti!

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  6. newwhitebear ha detto:

    non conosco suture ma si passerò per un’occhiata. Il testo è veramente buono. Mi è piaciuto.

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  7. lapoetessarossa ha detto:

    Lo strappo si legge in treno per sentirlo davvero. Con lo sferragliare dei binari dentro le orecchie mischiato a conversazioni frammentate e lo sguardo che insegue insieme le parole e il paesaggio fuori dal finestrino. 

    Qualcuno ti osserva e scriverà la storia dello studente fantasma. Si incontra nello scompartimento tre della carrozza sette. Dove c’è quel sedile strappato, e ricucito ogni volta con il filo di un  colore diverso

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  8. lapoetessarossa ha detto:

    Una storia ha sempre dentro un’altra storia. La magia si crea quando si lascia scrivere

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  9. crisalide77 ha detto:

    Molte volte anche il mio treno ha rallentato a Santa Maria La Bruna..è piacevole leggerti..molto.
    Ma il tuo about? Ora inizio a fare il la Sherlock della situazione..ma mi sa che non son brava come te. Altrove non ti trovo, ma il mio altrove non è quello dove cercano altri.

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  10. massimolegnani ha detto:

    che meraviglia questo strappo che da pendolante ha preso solo la folgorazione della foto (me la ricordo quella cucitura rossa) per poi viaggiare autonomamente col treno della fantasia.
    piaciuto assai
    ml

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  11. Lady Nadia ha detto:

    Bello. Bello il finale. Ricordi o sogni che si sgretolano in un’altra dimensione.

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