Clock

La stanza era silenziosa al netto dei suoni che venivano dalla strada, ma quelli non contavano per come erano impastati ed indistricabili fra loro a formare una melassa calda ed ovattata di sottofondo. Lui giaceva in un letto metallico immobile nella luce asettica della stanza. Guardava il l suo corpo nudo, cercava di riconoscerlo, era del colore di una statua di argilla non ancora essiccata, le vene bluastre in rilievo sulle gambe ne esaltavano tanto la magrezza quanto la tensione muscolare, il sesso un palloncino squarciato dal tubicino del clistere sembrava essere un’appendice di questo più che del ventre floscio in cui si radicava.  Era disegnato a matita privo di colori che gli appartenessero, gli unici colori sul torace erano i cerotti circolari da cui si diramavano i fili azzurri dell’elettrocardiogramma poggiato sul comodino di formica verde, poi c’era il cappuccetto di plastica dell’ago infisso nel braccio destro che era di un celeste vivace. La stanza ora perdeva le sue dimensioni, gli provocava una vertigine dolorosa l’aurea verde delle pareti intorno che lo circondavano privo di appigli, lo spazio intorno fluttuava privo di riferimenti spaziali. Si sentì sprofondare in un mulinello che lo risucchiava giù senza peso e senza forza. Si aggrappò alle lancette del grosso orologio sulla parete di fronte, gli sembrò l’unica salvezza per non scorrere via nel risucchio del buco del gigantesco lavandino in cui era finito. La lancetta nera dei secondi procedeva in avanti con un leggero scatto, la sentiva vibrare sotto una tensione elastica che poi si rilasciava con un ticchettio nel procedere nel suo percorso discontinuo sul quadrante. Ed ogni passo in avanti era un traguardo nuovo, ogni secondo conquistato una meta a cui approdava con fatica, a cui si aggrappava esausto. Era fradicio del suo sudore in cui si sentiva annegare ma non mollava la presa, sarebbe stata la fine, l’onda prodotta dallo scatto della lancetta gli procurava una sferzata gigantesca lungo le vertebre della schiena dolorosissima ma resisteva stringendo i denti, doveva rimanere nel tempo, ogni passo in avanti era un passo diverso dal precedente, il tempo era cambiamento e finché fosse rimasto agganciato al tempo sarebbe stato nel cambiamento e finché fosse stato nel cambiamento sarebbe stato nel tempo,  questo era il suo accecante pensiero circolare che gli pervadeva il cervello, unica verità a cui rimaneva aggrappato stringendo con entrambe le mani la punta aguzza della lancetta.

 

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28 risposte a Clock

  1. sherazade ha detto:

    Soprattutto nel dolore ‘rimanere nel tempo ‘ aggrapparsi alle lancette che lo scandiscono può dare la forza necessaria.
    Non è per tua esperienza vero ?
    Sherabuongiornopreoccupata

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  2. newwhitebear ha detto:

    Cerro che per la voce narrante deve essere stato uno stress non indifferente.
    Tinte fosche ma ben definbite.

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  3. massimolegnani ha detto:

    Notevole!
    Mi chiedo se lo spunto te lo abbia dato mimettoingioco (che forse manco conosci). Sembra un’originale elaborazione del “cambiamento” proposto li’
    ml

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  4. Alessandra Bianchi ha detto:

    Questo E’ bellissimo|

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  5. sherazade ha detto:

    ….però anche American sniper 😀 “fidate ”
    Sheramentrefuoripiove

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  6. paulabecattini ha detto:

    Questa sì che è una “bella” coincidenza 🙂
    Un caro saluto.

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  7. che bello leggerti…coinvolgi a tal punto che si resta rapiti!!

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  8. tempodiverso ha detto:

    ‘attaccarsi al tempo’ una di quelle frasi che si sentono, ma sei riuscito a dare ad essa un senso che sfugge al banale, l’hai resa visibile, percepibile e diventa fatica spasmodica, sofferenza, ma anche ancora di salvezza.

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  9. Louis Salviati ha detto:

    Da umile autoruncolo – o tale che pretende di esserlo – ho pensato, di primo acchito, ad una scena di astinenza o follia chimica o qualche cosa di questo genere. Ma sarà pure la mia deformazione “professionale”. Molto originale comunque, trovo una certa affinità con lo stile del mio compagno-di-blog (il Signor N, se mai ti andrà di conoscerlo).

    Comunque approdo ora per la prima volta; vado ma ripasso…
    Buona serata.

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  10. Alessandra Bianchi ha detto:

    Un caro saluto 🙂

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  11. velvetblu ha detto:

    terribilmente crudo e bello. Le tue parole sono acrobati che ” volano ” nella mente e nei cuori di chi ti legge. Bravo . Sempre più bravo !

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  12. sherazade ha detto:

    Grazie di esseerti allungato (vestito?) sino da me.
    Sherabuonissimafinesettimanapresto 🙂

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  13. sherazade ha detto:

    siamo a un altro fine settimana come vola il tempo (signora mia nn ci sono più le mezze stagggioni).
    Ma xcaso vivi a Roma e conosci il ‘mio’ parco? mannaggia a volte si incontra anche qualche amico 😉

    sheraciociaociao

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  14. Andrea ha detto:

    Potente nella resa delle immagini e della sensazione di sofferenza fisica e interiore. Speriamo che il tuo personaggio se la cavi 😄

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  15. ti lascio un saluto e ti auguro Buona Paqua!! 🙂

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