Scogliera è una bella parola. Non solo bella ma anche giusta. Provate a chiudere gli occhi ed a pronunciarla. Sco-gli-era. Vi apparirà immediatamente il profilo sconnesso dell’ammasso di grosse pietre stagliarsi contro un orizzonte liquido. Vi sembrerà di vedere gli spruzzi delle onde che vi si infrangono, l’odore del sale, il ricordo di una estate di passaggio, il grido dei gabbiani che tramano* in volo.
C’è una mia amica che dice che bisognerebbe scrivere utilizzando solo l’elenco delle cose che animano il nostro racconto, senza aggettivi, senza descrizioni ulteriori che il loro nome, senza giudizi, perché secondo lei le cose parlano da sole. Una tazzina di caffè, lo scintillio del cucchiaino di metallo, lenzuola di cotone, il vetro della finestra attraversato dalla luce, l’acqua sulla faccia, lo stridio delle ruote della bicicletta sulla pietra lavica, il tasso al centro del parco, la scollatura della edicolante, la goccia di sudore, le monete nella tasca, un supersantos naturalmente arancione e così via… Ma non può funzionare.
Non può funzionare perchè le parole non sono contenitori di plexiglass con dentro il loro significato, le parole sono piccole scatole di legno intarsiato tutte diverse in fattura e grandezza. Potrebbe cioè funzionare se le parole fossero solo significato ma invece esse hanno anche forma e suono al di là del significato, oserei dire che le parole hanno anche un colore ed un sapore e tutto ciò indipendentemente dal (a volte persino a dispetto del) significato. Una parola è chiamata a realizzare la relazione tra significante e significato ed anche se ci riesce poi si porta appresso entrambi. Così noi crediamo di scrivere un elenco di cose ma invece scriviamo un elenco di parole e quindi assieme all’elenco di significati produciamo un elenco di segni, suoni, colori e sapori. La relazione significante-significato è in fondo una convenzione arbitraria e così a volte ci sembra perfetta e naturale, altre volte può invece apparirci labile o forzata se non addirittura forviante in taluni casi. Così anche il semplice elenco della spesa può trasmettere messaggi diversi solo scegliendo differenti sinonimi per indicare le stesse cose.
Io trovo che esistono parole “giuste” e parole “sbagliate” e tra queste poi anche le “forvianti”. Ho bisogno di qualche esempio per farmi capire. Pensate alla parola “tarantella”, questa è sicuramente una parola giusta perché già vi saltella in bocca tra lingua e palato nel pronunciarla, ma anche il suo segno lungo con tutte quelle lettere uguali che sembrano tenersi per mano fanno pensare alla danza di tanti fatta di saltelli e di scambiarsi la mano. Converrete tutti che “tarantella” non poteva che significare tarantella. Un’altra parola giusta è “buio”, il suo colore è cupo, il segno corto evoca timore, assenza, il suono è quello dello spavento iniziale e poi del silenzio. Basta una piccola variazione nel segno e la parola assume tutt’altro significato. Cosi se sostituiamo la ‘u’ vocale chiusa con una ‘a’, vocale aperta e tanto più allegra ed inseriamo una ‘c’ dolce passiamo dal buio al bacio, altra parola giusta. Son tante le parole giuste; “arancio” ad esempio non può che essere arancio sia che indichiate il colore che il frutto. Solare il colore grazie alle ‘a’ iniziali, forse anche grazie all’assonanza con la parola aria (altra parola giusta), dolce ma un po’ asprigno il sapore della parola grazie alla ‘r’ che spezza il troppo dolce ‘cio’. Miele è una parola talmente lenta che non può che indicare dolcezza uniforme e senza sorprese. “Divano” è una parola già rilassante di suo quanto “sofà”. Ci si può divertire davvero a cercare le parole giuste. Poi ci sono le parole forvianti, quelle a cui cioè abbiamo imparato ad associare un significato ma che in realtà non ci ha mai convinti a pieno. Una ad esempio è “bucolico”, aggettivo che a me non riporta assolutamente alla campagna, fortuna ci sono i sinonimi in questi casi a levarci di impaccio, agreste ad esempio già nel suono fa pensare ad una trebbiatrice in un campo di grano. A proposito delle parole forvianti ricordo quanto vissuto sui banchi di scuola media allorquando un compagno alla domanda del Prof: “Che cos’è il foraggio? ” rispose angelicamente: “Il buco nel formaggio”, scatenando un gran ridere di tutti. Ma forse aveva voluto ricondurre nella giusta direzione una parola sbagliata. Perché le parole sbagliate hanno strani effetti, alcune ci divertono, altre ci irritano per l’associazione assolutamente impropria che devono reggere con il significato, alcune sono talmente sbagliate da non venir assolutamente utilizzate da nessuno. C’è tra le parole sbagliate una parola che a me piace moltissimo ed è: catetere. Se pensate solo alla parola senza il significato qualcuno tra i miei cinque lettori converrà con me che è una bella parola, così lunga, musicale, aperta a dispetto di ciò a cui l’abbiamo associata. Treno e locomotiva per esempio andrebbero invertite nei loro rispettivi significati, prese in maniera isolata sarebbero anche delle parole giuste ma in coppia mostrano qualche incongruenza, la parola che indica la motrice non può essere più lunga dell’intero treno che muove. Ma arriviamo ora alla parola più sbagliata che abbia mai conosciuto e che sebbene ora nutra qualche dubbio sull’opportunità di citarla lo dovrò fare perché è senza alcun ombra di dubbio sbagliata, e quindi eccola. Qualcuno ha mai letto o sentito pronunciare la parola “vulva”? Sicuramente no, perché questa parola che per essere pronunciata richiede un atteggiamento tristissimo nell’espressione, è talmente cupa che potrebbe essere adatta ad indicare una misteriosa quanto rara specie di piccolo mollusco che abitasse le oscure profondità degli abissi ma sicuramente non adatta ad indicare ciò che vuole indicare. E difatti nessuno la usa mai, fortuna che esiste il sinonimo che è invece una parola giusta, e che è: “vagina”. Talmente giusta da non richiedere ulteriori considerazioni. Rischio di terminare i miei alti pensieri in maniera alquanto bassa ma ora non posso non citare un’ultima parola più che giusta. Riuscite a pensare ad una parola più tonda, morbida ed elastica di “culo” ?
* mi sarebbe piaciuto averla inventata io questa espressione riferita al volo dei gabbiani che stridono ma per onestà devo ammettere di averla invece copiata.
le parole sono evocative..
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e non solo … 🙂
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mi è venuto in mente Saramago…
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Bellissimo post, Concordo con te sulla “giustezza” o meno delle parole. Ma anche sui nomi…ad esempio chi mai poteva pensare che Ollio fosse quello magro e Stanlio quello grasso? Riguardo poi la “giustezza” delle parole, sono molto interessanti quelle che hanno un significato equivoco o se preferisci un significato multiplo. Ad esempio, che mi dici della “patata”? Ma non è geniale chi per primo ha fatto l’associazione di idee tale da dargli il doppio significato?
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Grazie Giac del tuo contributo. Sui nomi di persona poi ci sarebbe tutto un altro lungo discorso da fare su come ci sia influenza tra carattere e nome. Grazie di esser passato di qui 🙂
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Strepitoso! Hai una proprietà del linguaggio eccezionale.
Un abbraccione.
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Arrossisco e rimango ammutolito per i tuoi commenti generosi. Grazie di cuore 🙂
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…che poi alla fine è sempre una questione di ritmo, di come suonano. Alla fine le parole o suonano o non suonano e se non suonano meglio usarne altre che hanno musica. Altrimenti ci esce rumore. Nessuno vuole leggere o sentire solo rumore, potendo scegliere. E’ che a volte non ci si può far niente… a volte succede. In questo post non è successo, mi pare. No.
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Sì, vero quello che dici, le parole devono suonare. Ma non solo, hanno anche una forma ed un segno, è quello che ho cercato di dire. Grazie delle tue parole e del tuo ritmo 🙂
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Vulva ricorda valva. Che poi è quasi lì.
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Anche questo è vero ma una u che diventa una a trasforma completamente una parola 🙂
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belle queste considerazioni sulla parola, che ce ne sono alcune sottili come carta velina che per ognuno di noi dicono poco e poi quelle spesse, dense di significati, stratificati sulla loro semplice denotazione, cariche di potenza evocativa, e spesso queste bastano da sole senza aggettivi.
Di là stiamo riprendendo il gioco, se ti fosse arrivato già un messaggio, scusaci per la ripetizione
ti aspettiamo 🙂
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Grazie del commento e dell’invito 🙂
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Su Tarantella e Treno e Locomotiva sono assolutamente d’accordo con te 🙂
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Immagino tu abbia qualche riserva sul resto …. Grazie di esserti fermata qui 🙂
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no, diciamo che sugli altri non mi sono fermata a riflettere. 🙂
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Platone, Cratilo
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Giusto il richiamo ai Dialoghi di Platone in cui viene affrontato il tema sul linguaggio in maniera sicuramente più seria delle mie parole in libertà. Ma è bello scoprire come anche i nostri “cazzeggi” da post conservino magari in maniera inconsapevole qualche radice in ciò che leggemmo per poi dimenticare sui banchi di scuola. Grazie Prof. del giusto riferimento 🙂
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😉
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La questione che poni diventerà un problema veramente serio il giorno che entreremo in contatto con una civiltà aliena. Ne vedremo delle belle, o delle brutte, o delle cattive, o delle buone, magari delle carine, o delle così così……….A parte le mie sciocchezze comunque ancora una volta è un piacere leggerti, si impara sempre qualcosa.
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E’ un piacere averti qui come ammirare le tue foto. Grazie 🙂
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Viaggio interessante nel vocabolario con le tue note originali a margine.
Personalmente non mi e’ mai piaciuto il termine vagina (troppo aperto) a cui preferisco vulva che ha un che di misterioso e contenuto/contenente.
ml
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Interessante confrontarsi con chi sente in maniera contrapposta le stesse parole.Grazie del tuo commento.
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Letto, anche se in ritardo ma l’ho letto. E ho fatto bene. Una lunga riflessione sulle parole interessante e intrigante. Un florilegio di giravolte sul senso delle parole che lasciano il lettore con un gradevole gusto in bocca.
Che dire? Nient’altro per non rompere la magia di questo post.
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Grazie di cuore, sei sempre gentile con i tuoi commenti benevoli 🙂
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Benevoli? Quando mi piave, lo scrivo.
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Ma che bello questo post caro Rodi!
Dissento solo sulla parola catetere..che anche dissociandola dall’antipatico aggeggio mi resta indigesta, evocandomi qualcosa di arcigno e di subdolo, la strega che pronuncua “catetere” come un malefizio (di cui richiama l’orifizio). Mentre su culo mi trovi pianamente d’acordo. Vulva ha il suo perchè, qualcosa che attira e risucchia nel volo di due v. Sono attratta dalle parole con le “s” e le “f”, di cui mi piacciono i suoni sfuggenti, infatti ci sta tutto nella parola “sofistica”…
Ma ora basta (anch’essa parola che sollecita inequivocabilmente un fermo), altrimenti il commento rischia d’esser piu lungo del post…
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Aspettavo il tuo passaggio e sapevo che avresti messo altra “carne a cuocere” come sai fare :). Bella la tua spiegazione di vulva, forse sono stato troppo drastico su quella parola. Felice che tu Sia paSSata di qui 🙂
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Acuto e rivelatore questo post e molto interessante la discussione.
Sul “catetere” mi hai conquistata, mi trovi d’accordo nel definirla una bella parola, trovo abbia un equilibrio naturale e composto. A me piacciono le parole tribolate o quelle ondeggianti come “trincea”, “babordo”, “flessuoso”, “sinfonia” ; mentre provo una certa avversione per quelle troppo drastiche e asciutte come “rossetto”, “zoppo” o “tuffo” e mi disturbano quelle che si avvitano sulle g come “suggestione” o “aggiottaggio”. Più morbido ed elastico di “culo” potrebbe esserci “caso”, tutte curve della stessa ampiezza grafica, dolce nella pronuncia e fatalista nel significato.
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Certi post si arricchiscono grazie a dei commenti come il tuo ricchi per per approfondimento e sensibilità. Grazie di cuore del tuo passaggio 🙂
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Rodix, oggi ho pensato al tuo post mentre sgranocchiavo anacardi, che al singolare mi piace anche di più: anacardo. C’è tanto in questa parola: dolcezza della due “a” che circondano la “n”, durezza della della “r” e della “d” attaccate, la “o” che nel chiudere la parola dirime i due estremi. E poi una musicalità complessiva. Gran bella parola!
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🙂
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e sei anche divertente. complimenti
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Così però mi monto la testa 🙂
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Il dialetto, anzi i dialetti, sono molto più capaci di parole evocative, giuste, emotive. Bellissimo post. Non posso che sorridere e soffermarmi su Treno e Locomotiva 🙂
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Grazie a te per questa operazione di rilettura. Non ricordavo la mia considerazione su treno-locomotiva, rileggendo mi trovo ancora d’accordo con me stesso, non mi capita sempre nel rileggermi. Grazie di esserci.
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A te
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Mi piace questo post sulle parole, mi piace assai. E il perché già lo sai.
Ogni parola ha dentro tutti i cinque sensi: la vista quando la leggi, il suono quando la ascolti, il sapore quando la pronunci, ne puoi sentire il profumo e percepire il colore, se ti lasci andare a occhi chiusi.
Miele per questo è una parola perfetta.
Tarantella è come dragoncello. Questa spezia sbarazzina non balla, non pizzica come la paprika, ma è allegra e un po’ birbante. Va a spasso con la cannella, i due vanno d’accordissimo nel gioco delle parole perché in cucina non si incontrano mai!
A divano e sofà aggiungerei ottomana, che ha anche un che di languido, forse per quella sua origine orientale. Ecco. Oriente è più evocativo di Occidente; qui la d taglia in due la parola, la spezza in due parti, la interrompe, l’Oriente invece è un viaggio sulle due gobbe della enne, è già India.
Al di là dell’uso anatomico, imprescindibile, tra vulva e vagina non so cosa sia peggio. Nessuna delle due mi piace. Al maschile uguale.
E culo è culo. Non è sedere. E nemmeno deretano, che mi sembra il nome di una pianta. Senti qua “ho piantato un deretano in giardino” mica suona male
n.b. in tutto questo il mio avatar è fortemente evocativo!
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Grazie Poetessa del tuo bel contributo 🙂
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