Riuscite ad immaginare Monica Bellucci brutta? Io no prima di vedere il film “Le meraviglie” di Alice Rohrwacher. Bellucci è Milly Catena nel film, un personaggio minore ma essenziale, mi piace parlare di lei per parlarvi del film. Milly Catena è la fata posticcia di “Il Mondo delle Meraviglie”, un concorso a premi televisivo che ha l’ambizione di scovare e premiare i prodotti genuini in giro per l’Italia agricola e così approda in una piccola comunità di agricoltori ed allevatori tra Umbria e Toscana. La Bellucci sa dare vita a questo personaggio sgraziato, una presentatrice grossolana agghindata malamente in una via di mezzo tra fata e regina etrusca per impersonare una vamp da baraccone. Milly Catena è grottesca con la sua parrucca di spago, sgraziata nella voce e negli atteggiamenti ma come tutti i personaggi nel film non è una caricatura. Dal loro primo incontro notiamo che Milly sotto il cerone pesante mostra di possedere la sensibilità per riconoscere la vera regina del Mondo delle Meraviglie, di quello vero però al di qua dello specchio e ben diverso dal suo che rimane al di là. Gelsomina è la protagonista del film, una tredicenne naturalmente affascinata dalla figura fiabesca di Milly ed il loro contatto è fatto di tanta comunicazione istintiva: sguardi, sorrisi, sfioramenti. Le scene dei loro incontri mi hanno colpito perché riportano una intensa ambivalenza nelle vie di comunicazione che si stabiliscono: l’una immediatamente evidente, quella della ragazzina verso la donna, l’altra più nascosto, quello della donna verso la ragazzina, come se appunto stessero sempre contrapposte dalle parti opposte dello specchio volendo continuare ad usare l’immagine di Carroll. Così mentre Gelsomina è intimidita ed affascinata dalla star televisiva bella e scintillante contemporaneamente Milly è emozionata dalla bellezza e dall”energia che Gelsomina emana ed avviene il fatidico passaggio dello scettro di Regina attraverso lo scambio di un fermaglio per capelli nella ultima scena insieme, quando Milly sul traghetto, dopo la ripresa televisiva, si sveste dei suoi abiti di scena per mostrarsi alla ragazza nella sua immagine di donna reale.
Questo è solo uno dei rapporti tra i personaggi che il film sa riprodurre. Il film è bello per la veridicità dei personaggi mai semplicemente accennati ma sempre complessi come sono le persone reali. Gelsomina è la prima di quattro figlie in una famiglia di apicoltori. Il padre Wolfgang è un uomo di origine tedesca, impegnato a condurre la sua battaglia contro i cacciatori e contro l’uso di sostanze chimiche in agricoltura, alleva le sue api nella maniera più tradizionale possibile. Ma al tempo stesso è un uomo prepotente e rude nei suoi modi di relazionarsi verso la famiglia. Angelica, la moglie fa da cerniera tra le posizioni radicali del marito e gli impulsi alla modernità delle figliole in un rapporto evidentemente conflittuale. Cocò, una loro amica tedesca che fa parte della loro comunità completa il gruppo degli “adulti”. Ma la fragilità degli adulti nel film non è celata, geniale è stato rappresentarli come ombre etrusche in una necropoli, così come mi riconosco nell’ottusa manifestazione d’amore del padre che compra un cammello alla figlia. Sono tutti ex-qualcosa: ex-giovani, ex-idealisti, ex-movimentisti, ex-casinisti. Ma il linguaggio narrativo del film è quello di un documentario, il film non indugia mai sul facile liricismo, la campagna che ci racconta è quella che chiunque di noi ha potuto conoscere anche se in sporadici contatti: a volte squallida, altre meravigliosa. I colori al film vengono dalla comunità dei bambini. Due deliziose bambine le sorelle più piccole di Gelsomina che con i loro gridolini, le loro corse ad inzaccherarsi i piedi nelle pozzanghere riescono a farci vedere i luoghi che vivono dal loro punto di vista perché senza questo a noi spettatori apparirebbero semplicemente squallidi. Poi c’è Marinella, la sorella minore di Gelsomina ed anche il loro rapporto di sorellanza è riportato in maniera perfetta. Poi c’è Martin, bambino che paradossalmente viene affidato alla loro famiglia per un’attività di recupero sociale. Gelsomina è la vera “capofamiglia”, ragazzina forte deve sopperire alla fragilità dei grandi con la sua determinazione e la sua energia. Il personaggio che Maria Alexandra Lungu ha saputo interpretare non diventa mai una figura eroica, rimane sempre una ragazzina riconoscibile come tale nel suo modo di essere e la sua figura trasforma il finale della storia da drammatico come sarebbe oggettivamente in colmo di speranza e di appartenenza come suggerisce il titolo della canzone di coda. Nel film, dettaglio da non trascurare, la regista è riuscita a far recitare anche il vento che sentiamo essenziale in certe scene per raccontarci la natura.
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Di norma non leggo recensioni di film, perché non vado al cinema e perché di solito enfatizzano la storia.
Questa volta ho cambiato idea, perché mi sembrava interessante come hai impostato il tutto e l’ho letto con attenzione fino in fondo. Al di là dell’opinone personae, che come sappiamo è totalmente soggettiva, quello che mi ha colpito è stato il taglio incentrato sui personaggi sulle loro debolezze, sulla loro forza espressiva.
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Come sempre grazie del tuo contributo.:)
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Una recensione spettacolosa!
Complimenti 🙂
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Grazie ma voglio un giudizio sul caffè … 😉
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Due, se recensisci il mio ultimo libro 🙂
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dunque ti è proprio piaciuto!
dovevo andare a vederlo ma poi abbiamo fatto talmente tardi ke siamo entrati al cinema trafelati. Il film era in sala 2 ma ci siam persi e ci siamo trovati già al buio mentre iniziava Locke. E siamo rimasti…troppo casino sgusciare via in 5!
pero mi è piaciuto anke Locke e te lo consiglio.
🙂
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Mi incuriosisce Locke, spero di trovarlo ancora.
Bellissima la storia di trovarsi nella sala sbagliata a vedere un altro film ! Le coincidenze non esistono 🙂
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io la trovo bellissima
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Anche io la trovo bellissima perciò ne ho apprezzato la bravura nell’impersonare un personaggio grottesco.
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